Lavoro dignitoso, chiave per lo sviluppo

Sezione:  Notizie

(di Italo Tripi, Presidente di Progetto Sviluppo)
Lavoro dignitoso significa migliori prospettive per lo sviluppo personale e per l’integrazione sociale, libertà di manifestare le proprie opinioni, di organizzarsi e di partecipare alle decisioni riguardanti la propria vita, dare pari opportunità di trattamento a tutte le donne e gli uomini (ILO).

La definizione di lavoro dignitoso è stata introdotta per la prima volta, a livello mondiale, dall’Organizzazione internazionale del lavoro nel 1999. E’, infatti, convinzione dell’ILO che solo un lavoro dignitoso possa conferire all’occupazione quei contenuti che fanno di essa una risorsa per la stabilità individuale, familiare e sociale.
Purtroppo siamo ancora lontani dall’obiettivo, infatti:

  • metà della forza lavoro mondiale guadagna meno di 2 dollari al giorno;
  • 12,3 milioni di uomini e donne lavorano in schiavitù;
  • 200 milioni di bambini minori di 15 anni lavorano invece di andare a scuola;

Le aziende utilizzano la minaccia dell’esternalizzazione per abbassare i salari e ostacolare l’esercizio di diritti come quello alla contrattazione collettiva e il diritto di sciopero.
Al congresso mondiale dei sindacati (Ituc/Csi) a Vancouver molti delegati hanno sottolineato le difficili condizioni di vita dei lavoratori nei propri paesi e hanno portato esperienze che confermano quanto l’obiettivo del lavoro dignitoso sia ancora distante.
Coloro che si battono per questo, primi fra tutti gli attivisti sindacali, spesso sono emarginati, minacciati, licenziati e, in alcuni paesi incarcerati o addirittura assassinati.
Questo accade all’inizio del terzo millennio!

Eppure il lavoro dignitoso è la principale chiave per l’eliminazione della povertà. Estendere l’opportunità di un lavoro dignitoso a tutti è la condizione essenziale per introdurre elementi di equità e di integrazione sociale in tutti i paesi siano essi sviluppati o in via di sviluppo.
La creazione di condizioni di lavoro dignitose deve essere, quindi, alla base di tutte le politiche di sviluppo.

Anche in Italia il tema è di stringente attualità, in alcune aree del paese (mezzogiorno) cresce la povertà relativa e aumenta, di pari passo con il crescere della disoccupazione, la povertà assoluta.
La crisi economica mondiale, che è sempre bene ricordare è la più pesante dopo di quella degli anni trenta del novecento, contribuisce ad allargare il divario tra nord e sud del mondo e peggiora le condizioni di vita dei lavoratori e di chi cerca un lavoro: in primo luogo i giovani.
Con la giornata europea di lotta del 29 settembre il sindacato del vecchio continente ha rivendicato una soluzione della crisi economica che non guardi esclusivamente agli interessi dei gruppi finanziari, ma che metta al centro le condizioni di vita dei lavoratori e promuova nuova occupazione.
La Cgil è stata in prima linea in quella giornata, altri hanno preferito stare a guardare, mentre in molte città europee i sindacati rivendicavano più occupazione e lavoro dignitoso.

Il 7 di ottobre si celebra la giornata mondiale del lavoro dignitoso.
Già sono previste un centinaio di azioni in ventitré paesi del mondo. Tuttavia la battaglia per il lavoro dignitoso deve essere quotidiana, le celebrazioni servono solo a fare il punto della situazione e a rinnovare l’impegno di un’azione forte, intelligente ed efficace.
In questo contesto si inserisce il progetto triennale Decent Work for All!, che vede impegnato Progetto Sviluppo assieme ad altre 6 Ong da 6 Paesi Europei (Italia, Francia, Spagna, Belgio, Romania, Repubblica Ceca), capofila Solidar, in una serie di attività di sensibilizzazione sul nesso lavoro dignitoso – migrazioni – sviluppo.
Il documento approvato dall’ultimo comitato direttivo della Cgil con la sua proposta per l’Italia di un piano per il lavoro è in sintonia con i deliberati approvati a livello internazionale dai sindacati. La cosa curiosa è che anche Cisl e Uil fanno parte di quegli organismi, ma in Italia non praticano un’azione coerente con quei deliberati.
Siamo quindi in una fase nella quale bisogna rivendicare ai governi una profonda modifica delle loro politiche perché non si tratta di tornare indietro a prima della crisi, ma di utilizzare la profondità della crisi per cambiare il passo e mettere al centro il lavoro e la qualità del lavoro.

Centrale sarà quindi la mobilitazione nazionale indetta dalla Cgil per il 27 novembre per cambiare la politica del governo e dare risposte alle lavoratrici, ai lavoratori, ai giovani e ai pensionati.




                              

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